Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 2, Classici italiani, 1823, VI.djvu/171

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LIBRO TERZO 675 ordina che ne’ luoghi ove la romana curia avrà residenza, e inoltre nelle università di Parigi, d1 Oxford, di Bologna, di Salamanca sieno due professori di lingua ebraica, due di arabica, due di caldaica, i quali esercitandosi in traslatare i libri di quelle lingue nella latina, in esse ancora istruiscano i loro scolari; anzi, come avverte il ch. monsignor Gradenigo, in alcuni codici mss. a queste tre lingue si aggiugne ancora la greca (Della Letterat. greco-ital. p. 116, ec.). Questo decreto probabilmente si dovette all’ardor di Raimondo per la conversione degli Infedeli; perciocché troviamo ch’egli si adoperò caldamente nel mentovato concilio per introdurre lo studio di queste lingue (V. Acta SS. jun. t.5,p. 666, ed. Antuerp.), e avrebbe aneli1 esso prodotti alla Chiesa non meno che alla letteratura copiosissimi frutti, se fosse stato eseguito. Io non so, nè è mia intenzione di ricercare, se cotai cattedre si fondassero veramente nelle tre università poc’anzi nominate fuori d’Italia. Ma in quella di Bologna io certo non ne trovo indicio veruno, e il Ghirardacci che ci ha dati alcuni catalogi de’ professori di tutte le scienze, che nel corso di questo secolo vi tennero scuola, non nomina mai un professore di lingue straniere. Onde è probabile che per le sciagure de’ tempi il riferito decreto non avesse esecuzione. Anzi la lingua arabica, la quale ne’ passati secoli, come si è veduto, avea avuti in Italia non pochi coltivatori, in questo ne ebbe assai pochi. E io non trovo che Pietro d’Abano, di cui si narra che recò dall’arabico in latino alcuni libri, come altrove abbiamo