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Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 2, Classici italiani, 1823, VI.djvu/188

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6^3 LIBRO greca letteratura, e quasi un Inesausto archivio delle storie e delle favole greche, benchè nelle latine non troppo istruito (l. cit.). Costui dunque venuto essendo a Venezia, l’anno 1360, per andarsene in Avignone (nel che 1 ab. de Sade confuta a ragione il sentimento del signor Domenico Maria Manni, che dice (Illustr. del Decam, par: 1, c. 11) ciò avvenuto circa il 1348) fu dal Boccaccio invitato a venirne a Firenze. Udiamo da lui medesimo come di ciò giustamente si vanti, narrando ciò che fatto avea riguardo a Leonzio: Non fui io forse (l. ciL c. 7) che co’ miei consigli distolsi Leonzio Pilato dal lungo viaggio che far volea da Venezia alla Babilonia occidentale, e il tenni meco in Firenze? che il ricevetti nella mia propria casa, e per lungo tempo gli diedi alloggio , e con gran fatica mi adoperai perchè fosse ricevuto tra’ dottori dello Studio fiorentino, e assegnato gli fosse dal pubblico lo stipendio? Io fui il primo tra gli Italiani che da lui udii privatamente spiegar! l’Iliade; io che feci in modo che i libri di Omero si spiegassero pubblicamente. Ed ecco la prima cattedra di lingua greca aperta in Italia, di cui io non so se altra più antica si possa additare nell’Occidente. Firenze ne fu debitrice al Boccaccio, il quale, di ciò non pago, diessi ancora, a raccogliere, come altrove abbiamo veduto, a sue spese le opere d’Omero, cui sotto la direzione di tal maestro studiò per lo spazio di tre anni con somma attenzione (ib. c. 6). Quindi a ragione Giannozzo Manetti affermò che quanto aveasi di libri greci in Toscana, tutto doveasi al Boccaccio: