Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 2, Classici italiani, 1823, VI.djvu/189

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TERZO (X)3 ut totum hoc quidquid apud nos Graecorum est} Boccaccio nostro feratur acceptum (Ap. Manni, L cit c. 18). Ma il Boccaccio non potè godere sì lungamente , come avrebbe voluto , della istruzion di Leonzio. Avendolo egli condotto seco a Venezia, ove era il Petrarca, sul line deir anno i363 , nel tornarsene che dopo qualche tempo ei fece a Firenze, Leonzio volle rimanersi in Venezia per tragittarsi di nuovo in Grecia, come di fatto avvenne. Udiamone il racconto dello stesso Petrarca in una sua lettera al Boccaccio dei 5 di marzo 1364 (Senil. l. 3 , ep. 6). Questo Leone, dice egli, che veramente per ogni riguardo è una gran bestia, benchè io nol volessi e cercassi di dissuadernelo più sordo nondimen degli scogli, a quali volea andarsene, dopo la tua partenza se n è partito. Tu ben conosci e me e lui, e non sapresti decidere se ci fosse più malinconico , o io più lieto. Temendo adunque che col continuo convivere io non ne contraessi il reo umore (poichè le infermità dell animo non son meno contagiose di quelle del corpo), e vedendo che a ritenerlo facea il uopo ben d* altro che di preghiere, gli ho permesso t andarsene , e gli ho dato a compagno del viaggio il comico Terenzio, di cui io aveva osservato che ei dilettavasi sommamente, benchè io non intenda che abbia a fare questo sì malinconico Greco con quel sì piacevole Africano: tanto è vero che non v ha dissomiglianza che in qualche cosa non si assomigli. Ei dunque se ne é andato sul finir della state, dopo avere in mia presenza fatte mille amare invettive contra l Italia c T ira boschi , Vol. TI. 12