Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 2, Classici italiani, 1823, VI.djvu/338

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842 LIBRO che non trovisi in mille nostri scrittori, come ognuno potrà vedere al confronto. Il Manni ha lungamente mostrato (Stor, del Decam, par. 2) che le Novelle del Boccaccio sono pressochè tutte fondate su veri fatti, benchè poi egli gli abbia abbelliti, e anche travolti, come tornavagli più in acconcio. Ma o veri, o falsi sieno cotai racconti, egli è certissimo che quanto la poesia italiana dee al Petrarca, altrettanto dee al Boccaccio la prosa j e le sue Novelle per l’eleganza dello stile, per la sceltezza delle espressioni, per la naturalezza de’ racconti, per T eloquenza delle parlate in esse inserite, son ripula te a ragione uno de’ più perfetti modelli del colto e leggiadro stile italiano (a). E non [a) M. le Grand nella sua Raccolta ili Falliattr re Corifes dii xil et dii xru sirclc, stampala in quattro tomi in Parigi nel 1779, ec. (t. 2, p. 288) accusa il Boccaccio poco men che di furto. Delle sue Cento Afovelle, dice egli, un gran numero le ha egli copiate degli antichi favolisti francesi. Osserva che il Boccaccio essendo andato giovane a Parigi , e avendo studiato in que In università, avea acquistata molta cognizione di quella lingua e di quegli scrittori; confessa però, che il Boccaccio afferma egli stesso di non essere 1* inventore delle sue Novelle; ma vorrebbe che egli almeno avesse dichiarato ciò che dovea a’ Francesi: Quanto al Boccaccio, conchiude, che si era arricchito delle loro spoglie, e che loro dovea la celebrità della sua fama, io non so perdonargli qui sto ingrato silenzio. Ecco dunque il Boccaccio accusato o di furto, o almeno d* ingratitudine. De’ quai delitti nondimeno io speio eli’ei sarà dichiarato innocente ad ogni altro tribunale fuorchè a quello di M. le Grand. Questi si è presa la pena di indicare a tutte le favole o novelle francesi da lui pubblicate , quali siano quelle di cui ha fatto uso il Boccaccio; e io pure mi son presa la pena