Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 2, Classici italiani, 1823, VI.djvu/423

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TERZO 927 Albornoz Tanno 135y? l’altro sulle vicende di Medea. li ab. de Sade dubita (Mém. jxyur la vie de Petr. t. 3, p. 48) die siano arnendue opere supposte al Petrarca; ma prima di lui avea già mosso un tal dubbio l’ab. Melius (Vita Ambr. camald. p. 2Òg), il quale ci ha dato ancor qualche saggio dello stile di esse, che non è certamente conforme a quel del Petrarca. Finalmente Giovanni Manzini dalla Motta natio di Lunigiana, e da noi mentovato già altre volte, di cui l’ab. Lazzcri ha pubblicate tredici lettere latine scritte verso la fine di questo secolo (Misceli Coll. Rom. L 1, p. 173, ec.), in una di esse (cp. 12) parla di una sua tragedia che avea scritta sopra la caduta di Antonio dalla Scala, quando gli fu tolto il dominio di Verona, e ne reca egli medesimo alcuni versi che non ci fanno desiderar molto di vederne il rimanente. Questi sono, a dir vero, abbozzi di poesie teatrali, anzi che vere tragedie, e> commedie. Ma non è nondimeno picciola lode Y avere pur cominciato, aprendo così la strada a’ valorosi poeti che venner poscia; e anche in questo, come in quasi ogni altro genere di letteratura, non si può contrastare all’Italia il vanto di essere stata maestra di tutte l’altre nazioni.

Capo IV.

Grnmntica eE’Eloquenza.

I. Quanto maggiore fu in questo secolo il numero delle università e delle altre pubbliche