Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 2, Classici italiani, 1823, VI.djvu/436

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94o libro e con grandi preghiere invitato da’ dotti uomini che ivi erano, a (fissar soggiorno tra loro, propose loro in sua vece Rinaldo , e gli scrisse perciò una lettera in versi (Carm. l. 2, ep. 15), rappresentandogli quanto più dolce vita avrebbe ivi condotta lungi dallo strepito della scuola e dalla noiosità de’ fanciulli. Ma convien credere, dice T ab. de Sade (Mètri, pnur la vie ile Pctr. t. 2 , p. 177), che quella Galatea, da cui dice il Petrarca ch’erasi Rinaldo lasciato allacciare, non gli permettesse di scioglier la rete fra cui trovavasi avvolto. Ei dunque fermossi in Verona; e il Petrarca circa l’anno 1345 affidogli a istruir nelle lettere il suo figlio Giovanni (ib. p. 228). Quindi tre anni appresso, inviando Giovanni a Parma, il diede a scolaro a Gilberto da Parma maestro di gramatica in quella città, a cui ancora scrisse una lettera, nella quale caldamente gliel raccomanda, e gli addita la più sicura maniera a ben istruirlo (Famil. l 7, ep. 17). Ma l’an 1352 di nuovo mandollo a Verona, e il pose di nuovo alla scuola di Rinaldo con una sua lettera pubblicata dall’ab. de Sade (l. cit. t 3 , p. 220). Così questo scrittore ordina le epoche di diversi maestri a cui fu Giovanni da suo padre affidato. Ei però non ci reca tal pruove che mostrino non poter essere ciò accaduto in altri anni. E certo il seguente epitafio di Rinaldo, pubblicato dal marchese Maffei (Ver. ill. par. 2), ci mostra ch’egli morì nell’anno 1348, e conviene perciò anticipare di alcuni anni le lettere poc’anzi accennate.