Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 2, Classici italiani, 1823, VI.djvu/439

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tebzo C)/|3 passava fra P uno e P altro. Donato, il quale; dal Boccaccio vien detto (Geneal. Deor. l. 15, c. 13), uomo povero, ma onorato e suo grande amico, confessava di dovere al Petrarca quella qualunque miglior fortuna in cui ritrovavasi (Petr. Senil. l. 8, ep. 6), e ne mostrava al Petrarca la sua riconoscenza con inviargli a quando a quando qualche piccol presente, di che quegli amichevolmente con lui si duole in una sua lettera (ih. /. i4>?p- 9)- Quando Francesca, figliuola del Petrarca e moglie di Francesco da Brossano, diede alla luce in Venezia un figlio , volle il Petrarca che Donato lo levasse al sacro fonte. Ma fra non molto ebbero il dispiacere amendue di perdere, l’an 1368, il Petrarca il nipote, Donato un suo figlio detto Solone, nella qual occasione quegli gli scrisse un’assai lunga e patetica lettera (ib. l. 10, ep. 4)* In essa il Petrarca dice che Solone era, quando morì, nell’età stessa in cui morì il giovin Marcello nipote d’Augusto, cioè in età di diciotto anni, dal che raccogliamo ch’egli era nato nel 1350, e che Donato perciò dovea esser nato verso il 1330 al più tardi. Questa riflessione mi fa sospettare che un’altra lettera del Petrarca a lui indirizzata (ib. l 13, ep. 5), in cui lo chiama col nome di figlio, e lo esorta a rispettare suo padre , dicendogli che benchè per la troppo tenera età non sia in istato di ben conoscere le virtù e l’ainor che g!i porta , dee nondimeno persuadersi di esserne teneramente amato; mi fa sospettar, dico, che per error de’ copisti, come spesso è accaduto, sia a lui diretta, ma che ella fosse dal Petrarca