Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo V, parte 2, Classici italiani, 1823, VI.djvu/62

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566 LIBRO leggerlo, logorato. In tali studi passò Lapo da Casti gli onchio la sua gioventù. Poscia, cresciuto già negli anni, come afferma il Salutato nella citata epistola , si volse allo studio delle DeJ cretali, che parimenti ei fece in Bologna. L’abate Mehus osservando che Lapo cita sovente, e sempre con sentimenti di grande stima, Gio-J vanni Calderini, ne argomenta con probabile! congettura , ch’ei lo avesse a maestro. Ma il Petrarca, a cui piacevan più gli ameni studi] della letteratura che i severi delle leggi e de’ l canoni, mal volentieri soffriva che Lapo avesse] volte le spalle a’ primi per abbandonarsi a’ seJ condi, c scrisse dolendosene a Francesco, priore! de’ SS. Apostoli a Firenze , una lettera che òl stata data alla luce dall’ab. Mehus (ib. p. 174)-l In essa ei chiama Lapo col nome di comune amico; e che sia questi appunto di cui egli parla , ce ne assicura lo stesso Lapo nella pofl stilla aggiunta di sua propria mano a questa] lettera nel codice delle Lettere del Petrarca® che si conserva nella libreria di Santa Croce itili Firenze: In hac epistola lo qui tur de D >///irttM Lapo de Casti gli ori chio, qui de studio PoetdA I rum transivit ad stu diurn Jitris Bonon iens. quodfi V. Franeiscus a*gre, tulit. L’ab. Mehus è di pa- I rere che questa lettera fosse scritta l’an i3f>/|J| perciocchè in essa fa il Petrarca menzione (della guerra tra’ Genovesi e’ Veneziani, che in quel- [ fanno ardea. Come però non in quell’anno sa® lamento, ma in alcuni altri ancora ad esso vi- I cini, fu accesa tal guerra , non parmi che si I possa precisamente stabilire un anno anzi che I un altro. Ma checché si pensasse il Petrarca, I