Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 1, Classici italiani, 1824, VII.djvu/180

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1 r4 LIBRO Urli gioii cristiana che professava. Finalmente esaminata da dotti teologi ogni loro opinione, quasi tutti decisero che in niuna cosa essi erano rei d’eresia. Il pontefice nondimeno tornò un’altra volta alle carceri, e un’altra volta pose all' esame i rei, e conchiuse dicendo che in avvenire si sarebbon tenuti in conto d1 eretici coloro che proferissero il nome d’Accademia. Ma non perciò diede ancor loro la libertà , e volle che rimanesser prigioni fino al compirsi dell' anno intero della loro carcerazione; passato il qual tempo, cominciò ad allargare alquanto la lor prigionia, finchè lasciolli del tutto liberi.

XXV. Or fra sì diversi racconti, a quali ci atterrem noi, e qual concetto formeremo di questi accademici? Io inclino a credere ch’essi fossero veramente innocenti, non solo della congiura , ma ancor del delitto di empietà e «f irreligione loro imputato. E me ne persuade la condotta medesima con lor tenuta da Paolo. Sdegnato coni’ egli era contro di essi, se in alcuna cosa gli avesse trovati rei, non gli avrebbe al certo lasciati impuniti. Almeno qualche salutar penitenza sarebbe stata loro imposta; almeno sarebbono stati allontanati da Roma, perchè colle ree lor massime non corrompesser più oltre la gioventù. Or nulla di tutto ciò io trovo che con essi si usasse. Tutti escono dalle carceri senza castigo alcuno. Lo stesso Paolo promette più volte al Platina, come egli stesso racconta, di dargli qualche onorevole ed utile impiego. Dopo la morte di Paolo, egli è fatto da Sisto IV custode della biblioteca