Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 1, Classici italiani, 1824, VII.djvu/210

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If)4 LIBRO che sofferir non volevano ammonitori e correttori de’ loro falli. Ma più che all’esame de’ costumi di Niccolò, dobbiam qui riflettere alla pubblica biblioteca da lui aperta.

XI. Avea egli prestato un singolar beneficio alla libreria del convento di S. Spirito in Firenze. Perciocchè avendo ad essa lasciati il Boccaccio i suoi libri, come altrove abbiam riferito, il Niccoli fece a sue proprie spese fabbricare la stanza in cui essi dovean riporsi; di che veggansi i monumenti addotti dall abate Mchus (l. cit p. 31). Avendo poscia egli medesimo raccolti moltissimi codici, che secon.’o il Poggio giungevano al numero di 800, pensò di lasciarne dopo la sua morte libero f uso a chiunque volesse coltivare gli studj. E già fin dall’anno 1430 avea egli nel suo testamento ordinato (Mehus l. cit p. 62) ch’essi fossero trasportati nel monastero di Santa Maria degli Angioli de’ Camaldolesi, ove a pubblica utilità si conservassero. Alla quale scelta di luogo diede probabilmente motivo l’intrinseca e co* stante amicizia di Niccolò con Ambrogio camaldolese, che ben si scorge in tante lettere, che ci rimangono, dal secondo scritte al primo. Ma poscia in un altro testamento, di’ei fece il giorno innanzi alla morte, cambiò pensiero, e ritenendo la massima che la sua biblioteca servir dovesse a comune vantaggio, per la scelta del luogo ne die’ l’arbitrio a sedici deputati, ch’ei destinò come presidenti ad essa, e che son nominati nel testamento medesimo (ib. p. 63). Tra essi veggiamo il suddetto Ambrogio camaldolese, Leonardo Bruni, il quale