Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 1, Classici italiani, 1824, VII.djvu/238

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322 LIBRO Scarse notizio ne abbiamo nel decorso di questo secolo. Anzi io non ne trovo menzione che in una lettera scritta l'anno 1456 da Francesco Filelfo a un certo Facino da Forobronciano: Ho udito, gli scrive egli l. 13, ep. 21 j, da Ruonaccorso Pisano, quanto opportunamente hai eseguito tutto ciò che appartiene alla ducal biblioteca di Pavia. Nel che hai operato, coni è tuo costume., da uomo saggio. E perciò non picciola lode hai ottenuto e presso tutti i dotti e presso il nostro principe. Rimane ora che tu adoperi in modo, che al cominciamento corrisponda 1 esito, ec. Questa lettera basta a mostrarci ch’ella ancor sussisteva, e che il duca Francesco Sforza, signore allora di Milano, pensava provvidamente a renderla sempre migliore. Nè è a dubitare che lo stesso non si facesse da Lodovico il Moro , di cui abbiamo veduto qual fosse la regale magnificenza nel promuover gli studj, e nell’accrescere lo splendore di questa università. Ma mentre la liberalità di Lodovico risvegliava speranze sempre maggiori per l’aumento di questa biblioteca , ella ancora divenne preda degli stranieri. Lodovico XII, re di Francia, impadronitosi l’anno 1500 dello Stato di Milano, comandò che essa fosse trasportata in Francia, e il comando fu eseguito. Di ciò ancor ci assicurano i sopraccennati compilatori (l. c.). E una pruova se ne ha , fra le altre, in un codice che contiene la Vita di Sforza da Cotignola, scritta da Leodrisio Crivelli, che or si conserva nella biblioteca del re di Francia, e al fin del quale leggesi scritto: De Pavye au Roy Louis XII