Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 1, Classici italiani, 1824, VII.djvu/248

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232 LIBRO XX\ I E tale era in fatti la fama delle latine biblioteche, e del valore degli Italiani nel raccogliere libri, che il famoso Mattia Corvino re d’Ungheria , nel formare l’insigne sua biblioteca, di essi singolarmente si valse. Molti Italiani furono da lui invitati alla sua corte, ed accolti in essa , e trattati con regia magnificenza. Tra essi troviam menzione di Francesco Bandini (Ficin. Episti l. 4? p 82), di Filippo Valori (ib. l. 9, p. 896), e di un certo Niccolò teologo (ib. p. 902). Marsilio Ficino ancora fu da quel re premurosamente invitato; ma egli se ne scusò (ib. p 782, 896), protestando però insieme quanta stima ed amore avesse per quel sovrano. Di questi Italiani si valse probabilmente Mattia nel radunare i più pregevoli codici. Ma più che ogni altro, adoperò per tal fine Taddeo Ugoletti parmigiano, che da lui fu spedito a Firenze, perchè ivi copiasse i migliori libri che i Medici ed altri vi avean raccolti, come pruova l’abate Mehus, singolarmente, da una lettera di Bartolommeo Fonti, scritta al re medesimo l’anno 1488 (pref. ad Vit. Ambr. camald. p. 55) (a). U Fonti stesso fu da Mattia chiamato alla sua corte, e tornatone, si impiegò egli ancora in copiar molti codici da inviarglisi a Buda. Anzi Giannalessandro Brassicano, in una lettera premessa alla sua edizion di Salviano, afferma cbe quattro scrittori teneva continuaci Vrggnsi la Vita ridi’ L’gnlelto dal eh. P. Affò pubblicata in Parma l’anno 1781.