Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 1, Classici italiani, 1824, VII.djvu/546

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530 LIBRO in queste versioni parlano, oltre i già accen* nati scrittori, monsig. Domenico Giorgi (Vita Nicol. V, p. 178, ec.) e monsig. Buonamici, il quale racconta (De Clar. Pontif. Epist Script p. 93), e pruova coll’autorità delle Memorie inedite di Angelo Colocci (ib. p. 191), che avendogli un giorno quell’ottimo pontefice offerta una gran somma di denaro, e sembrandogli che Giorgio arrossisse in riceverla, prendi, prendi, gli disse, che non sempre avrai un Niccolò.

XV. Sotto un sì liberale e sì amabil pontefice poteva Giorgio assicurare la sua fortuna. Ma ei non seppe opportunamente goderne. Era egli uomo presuntuoso del suo sapere e collerico innoltre, e troppo pronto perciò ad aver brighe con chicchefosse. Ei s’inimicò con Guarino, perchè nella sua Rettorica ardì di riprender l’esordio di un’orazione dello stesso Guarino composta in lode del conte Francesco da Carmagnuola, e quindi poi vennero le due amare invettive dell un contro l’altro da noi già accennate. Egli ebbe lite con Poggio fiorentino , eli’ era allora in Roma segretario egli pur del pontefice , e gli rinfacciò di essersi usurpata la gloria della traduzione della Ciropedia di Senofonte e della Storia di Diodoro Siculo, in cui Giorgio affermava di aver sostenuta egli stesso la maggior parte della fatica (V. Georg. Vit Nicol. V, p. 177). E quindi segretario suo et nonmillorum suorum Pnredrcessomm, cioè non solo di Niccolo V, ma anche dell' uuiccessor di esso Eugenio.