Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 1, Classici italiani, 1824, VII.djvu/76

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6o unno molesto colla sua presenza. E io, disse allora Lorenzo, se non temessi che questo viaggio gli fosse di noja, bramerei pur di vederlo, e di parlargli perl'ultima volta, prima di abbandonarvi. Debbo io dunqueì gli dissi, farlo chiamare? Si certo, rispose, e il più presto che sia possibile. Così feci; e già era venuto il Pico) e. si era posto a sedere pressi • il letto. E io ancora mi era appoggiato presso alle sue ginocchia per udir meglio per l’ultima volta la già languida voce del mio padrone. Con qual bontà, Dio buono, con qual cortesia, dirò ancora, con quali carezze lo accolse Lorenzo! Gli chiese prima perdono di avergli recato un tale incomodo) lo pregò a riceverlo come contrassegno dell’amicizia c dell amore che ave a per lui; e gli disse che moriva più volentieri dopo aver riveduto un sì caro amico. Quindi introdusse, come soleva, discorsi piacevoli e fami gli ari, e scherzando ancora con noi, Vorrei, disse, che la morte avesse almeno indugiato, finchè avessi del tutto compita la vostra biblioteca. Era appena partito il Pico y quando entrò nella stanza F. Girolamo (Savonarola) da Ferrara, uomo celebre per dottrina e per santità , e valoroso predicatore. Esortandolo questi a star fermo nella sua Fede, a proporre di vivere in avvenire, se il Cielo gliel concedesse, lungi da ogni colpa, e a ricevere di buon grado la morte, quando così volesse Iddio, gli rispose Lorenzo: eh egli era fermissimo nella sua Religione, che ad essa sarebbe sempre stata conforme la sua vita, e che niuna cosa gli era sì dolce quanto il morire; se tal fosse il divino volere. Partiva