Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 2, Classici italiani, 1824, VIII.djvu/176

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8j8 libro li condurre ad essa qualche valente giureconsulto italiano che la facesse risorgere all’antico onore. Chiese pertanto a parecchi , chi fosse a ciò più opportuno, e tutti gli nominarono Pietro , a cui dicevano non essere alcuno che si potesse paragonare. Il duca per accertarsene maggiormente spedì alcuni suoi messi a Padova, i quali avendo veduto con qual gloria sostenesse Pietro la sua cattedra, tornarono riportandone al duca le più onorevoli testimonianze. Egli allora rispedì altri messi che invitassero Pietro a venirsene seco; e Pietro si offerse pronto a seguirlo, purchè il duca ne ottenesse il consenso dal doge di Venezia Agostino Barbari go. Questi a grande stento concesselo al duca, poichè troppo spiacevagli il privarsi di un tal professore. Pur nondimeno gliel concesse’ , e onorollo di sue lettere ducali, che dal Grazio si riportano distesamente: nelle quali fra le altre cose comanda che nell’università di Padova si tenga come in riserva la cattedra ch’egli occupava, finchè torni in Italia. Grande fu il dolore e il pianto degli scolari nel perderlo j e i Tedeschi, che eran a quella università , tutti vollero seguirlo insiem colla moglie di Pietro detta Lucrezia, e co’ figliuoli che avea da essa avuti. Giunto a Gripswald col duca, questi entrò con lui in città, e gli applausi con cui era accolto nel suo ritorno il sovrano, eran congiunti a quelli che facevansi a Pietro, di cui era già precorsa chiarissima fama. Tenne ivi scuola di leggi per alcuni anni; quando mortigli tutti i figli, trattone un solo, Pietro