Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 2, Classici italiani, 1824, VIII.djvu/215

Da Wikisource.

SECONDO Siy Idito suo fratello, che morì l1 ultimo anno di questo secolo. Era Lancellotto maggior di età di Filippo, e dopo aver imparata la giurisprudenza sotto Alessandro da Imola, la professò in Pisa e in Pavia, e in quest1 ultima città finì di vivere l’an 1500, lasciando alcune opere legali, delle quali veggasi l’Argelati (Bibl Script, mediol t. i y pars 2 ì p. 549). Ma assai maggior fama ottenne il minor fratello Filippo. L1 Argelati (ih.) e il Panciroli (c. 135) ne parlano assai lungamente. Ma assai più esattamente ne ha scritta la Vita, mentre Filippo ancora vivea, Francesco Boeza spagnuolo di lui scolaro, che suole andare congiunta alle Opere del Decio. Non vi ha monumento che ci dia una più giusta idea delle gelosie e delle gare vicendevoli de’ professori di quel tempo, degli onori che loro rendevansi, della premura con cui erano dalle università invitati, quanto la suddetta Vita. Io ne farò qui dunque un compendio, e spero che non sarà discaro a chi legge, che io mi stenda alquanto su questo argomento. Egli ebbe a padre Tristano Decio milanese uomo assai caro al duca Filippo Maria, e nacque bell1 anno 1453. Secondo il Panciroli ei fu illegittimo; ne è a stupire che di ciò tenga alto silenzio il Boeza, per non oscurar la gloria del suo maestro. Nulla pure ha di ciò l’Argelati; e io dubito, a dir vero, che T asserzione del Panciroli non sia abbastanza fondata. Ei reca in prova T autorità di Lodovico Gomes, che scriveva verso la metà del secol seguente, e che l’afferma con queste parole: Et ob eam causam (cioè per essere bastardo) “Philippum Decium alias ad AuditoraUun