Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 2, Classici italiani, 1824, VIII.djvu/218

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860 LIBRO con cui era udito allor quando disputava pubblicamente, poichè al molto studio e all’acuto ingegno congiungevasi in lui ancora l’eleganza e la grazia del ragionare, e la facilità in motteggiare e deridere graziosamente i suoi avversari. XLIV. Fu poscia promosso alla lettura straordinaria del Diritto civile, in cui egli continuò ancor quando l’università di Pisa fu trasportata a Pistoia l’an 1479 Ivi cominciaron le gare tra lui e ’l Soccini. Perciocchè avendo questi proposte più conclusioni che doveansi sostenere da un Fiorentino suo scolaro, Lorenzo Pucci, che fu poi cardinale, ed era allora discepolo di Filippo, a persuasion del maestro le impugnò con gran forza; e poscia lo stesso Decio propose i suoi dubbj contro le medesime conclusioni, e si diè pubblico avviso che dentro otto giorni avrebbono disputato sopra esse il Pucci contro chiunque si fosse tra gli scolari , e il Decio contro chiunque tra’ professori. Era grande l’aspettazione di sì solenne disfida; ma Rainieri Guicciardini rettore dell’università, che temevane le conseguenze, chiamato a sè il Decio, sotto pena di carcere gliene fece divieto. Altre occasioni però egli ebbe, con cui dar pruova del raro suo ingegno, e singolarmente in una disputa fatta in Pisa nella chiesa di S. Michele in Borgo da Giambattista Cancellieri pistoiese suo scolaro, la quale durò dalle ore 18 fino alle 3 della notte, In essa Filippo, dopo aver risposto al suo avversario, prese a ripeter per ordine quanto in quella disputa s’era detto, e a farne un epilogo con tanta facilità