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Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 2, Classici italiani, 1824, VIII.djvu/505

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TERZO ||47 hoc fercndiun. Illud certe molestum est, dum alienis verbis sententiisque scripta infarcit et explet sua; ex quo nascitur maxime vitiosum scribendi genus, quum modo lenis et candidus, modo durus et asper appareat, et sic in toto genere tamquam in unum agrum plura inter se inimicissima sparsa semina. Credesi ch’ei morisse circa il 1463. LXXV1I. Assai più pregevoli sono, benchè assai più ristretti, i due opuscoli che degli uomini dotti de’ loro tempi ci han lasciato Bartolommeo Fazio e Paolo Cortese. Di amendue questi dotti scrittori abbiam già favellato, e qui perciò basterà il dir brevemente di questi lor libri. Il Fazio intitolò il suo de Viris illustribus; e in esso ci dà brevi elogi degli uomini più famosi che vissero a’ tempi suoi, accenna le principali vicende della lor vita e le opere loro più celebri j ed esamina ancora il loro stile e i lor pregi e i difetti. Dopo aver parlato degli oratori, de’ poeti, de’ grani alici, de’ giureconsulti, de’ medici, dei teologi, tratta ancora de’ professori delle belle arti, de’ generali d’armata, de’ principi e d’altri per altri titoli illustri. Quindi molto debb’esser tenuta la letteratura italiana al sig. ab. Mehus che ha dato in luce quest’opuscolo finallora inedito, e con ciò ci ha somministrate molte notizie che non aveansi altronde. Il Cortese ristringe la sua opera a’ soli uomini dotti, e in un dialogo, che suppone da sè tenuto in un’isoletta del lago di Bolsena con Alessandro Farnese, che fu poi Paolo III, e con un certo Antonio, va ragionando di tutti coloro che in Italia erano