Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 2, Classici italiani, 1824, VIII.djvu/506

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Il48 LIBRO stati in quel secolo più celebri per sapere, singolarmente nell’amena letteratura) e assai più felicemente ancora del Fazio, e in uno stile assai più elegante, giudica di essi e delle loro opere, a somiglianza del dialogo di Cicerone intorno agli illustri oratori. Era allor Paolo in età assai giovanile, perchè non oltrepassava il XXV anno) e tanto più perciò è ammirabile che (fin d’allora ei potesse scrivere sì coltamente, e recar sì saggio giudizio di tanti scrittori, nel ragionare de’ quali ei si mostra per lo più avveduto discernitore de’ lor pregi non meno che dei loro difetti. Quindi Lucio Fazinio Maffei vescovo di Segni e Angelo Poliziano gli scrissero in somma lode di questo dialogo due lettere, che sono state pubblicate da chi ha dato alla luce la prima volta ed illustrato con note questo eccellente opuscolo in Firenze l’an 1734, che credesi essere il sig. Domenico Maria Manni. LXXV1II. In più ristretto argomento s’esercitarono Pietro Crinito di patria fiorentino e Giovanni Tortelli natio d’Arezzo. Il primo, come si afferma dal Giovio (in Elog.), da’ capegli arricciati di suo padre avea avuto il cognome di Riccio, cui egli cambiò latinamente in quel di Crinito. Fu discepolo del Poliziano, e poichè questi fu morto, adoperossi egli ancora con altri a raccoglierne le opere, come veggiam da due lettere da lui scritte ad Alessandro Sarti, che son tra quelle del Poliziano (l. 12). Egli era ancora amico di Gianfrancesco Pico della Mirandola, tra le cui lettere ne abbiamo alcune di Pietro (l. 2). Il Giovio aggiugne eh’ ci fu