Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 3, Classici italiani, 1824, IX.djvu/122

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133ti LIBRO servano codici a pernia in alcune biblioteche. Fra’ quali è assai pregevole uno del sig. co Pietro Trieste di Asola, una descrizione esatta del quale mi è stata comunicata dal sig. co Giovanni Trieste canonico di Trivigi di lui fratello, e al par di lui coltivatore de' buoni studj. Esso è scritto con lusso, e ornato di miniature che sembrano del principio del secolo xv. A ogni canto premettonsi gli argomenti in prosa italiana di Giovanni Boccaccio; e al fine di ciascuna delle tre parti vi ha un capitolo in terza rima, che ne contiene l’epilogo, e che forse è opera del Boccaccio medesimo, o di Jacopo figliuol di Dante; benchè non vi sia argomento che facciane certa fede. Ognuno può immaginarsi come riuscisse il Ronto in sì difficile impresa in un tempo in cui appena vi era chi scrivesse con eleganza, anche ne’ più facili e ne’ più leggiadri argomenti. In fatti i saggi che ce ne han dato il sig. dott Domenico Vandelli in una sua dissertazione inserita nelle Simbole Goriane stampate in Roma (t. 6, p. 141, ec.), il sig. ab Zaccaria (Stor. letter. d Ital, t. (6, p. 632; t 9, p. 1 £>4), >1 sigabate Mehus (l'ita Ambr. camald, p. 173), e il P. degli Agostini (Scritt. venez. t. 2, p. 611), son tali che ci fanno, non so se dica ammirare, o compatire il coraggio di chi si accinse a quest’opera. Quest’ultimo scrittore dimostra colle parole dello stesso Matteo, ch’ egli era nato in Grecia da’ genitori di patria veneziani; e annovera qualche altra opera da lui composta, alle quali deesi aggiugnere la Vita di Alessandro V, ch’egli scrisse assai rozzamente iu