Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 3, Classici italiani, 1824, IX.djvu/197

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TERZO 14 1 1 guerra del re Mattia Corvino; e da esso raccogliesi ch’ei pensava di farne un altro per celebrar gli alti pregi di cui era adorno quel principe. Ma forse la morte non gli permise di eseguire il suo disegno. Alcuni componimenti ne sono stampati nelle Raccolte dei’ poeti latini di patria italiani, ed esse cel mostrano fornito di molta facilità nel verseggiare congiunta con qualche eleganza, che, se non l uguaglia a’migliori poeti, lo fa precedere però alla maggior parte di quelli che gli furono contemporanei. XXV. Abbiam già annoverati non pochi tra’ poeti di questo secolo, che non sol nello scrivere, ma nell’improvvisare ancor poetando, ottennero molta lode. Serafino Aquilano, Bernardo Accolti, l’Altissimo, Panfilo Sassi, e più altri riscossero per ciò grandi applausi. Ma non v’ebbe forse chi in tal pregio potesse paragonarsi ad Aurelio Brandolini, uno de’ più rari uomini di questo secolo, e di cui perciò vuol ragione che trattiam qui con qualche particolar diligenza, benchè già ne abbia assai esattamente parlato il co. Mazzucchelli (Scritt. ital. t. 2, par. 4, p. 2013, ec.). Ei fu figliuolo di Matteo di Giorgio Brandolini di nobilissima famiglia fiorentina, ed ebbe la sventura di perdere in età ancor fanciullesca la vista. Il soprannome di Lippo, che gli vien dato comunemente, potrebbe farci credere ch’ei non fosse del tutto cieco, ma sol di occhi deboli e lagrimosi. Ma tutti gli scrittori di que’ tempi lo dicon cieco, e basti qui accennare Matteo Bosso, di cui parleremo tra poco, il qual lo dice