Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 3, Classici italiani, 1824, IX.djvu/198

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»4 13 LIBRO a primis ferme vitae cunabulis oculorum luminibus captum; e f Jacopo Filippo da Bergamo che lo conferma con queste parole: a nativitate quasi semper caecus (Suppl. Chron. ad an. 1490). Non sappiamo quando ei nascesse. Un sonetto da lui indirizzato a Lorenzo de’ Medici, e riportato dal Crescimbeni (Comment. t. 3. p. 189), ce lo rappresenta allora nella sua giovinezza: Risguarda alla mia cieca adolescenza, Che in tenebrosa vita piango e scrivo, Com’uom che per via luce l’abbandona. Il qual sonetto essendo scritto probabilmente dacchè Lorenzo nel 1469 cominciò a goder del primato nella repubblica dopo la morte di Pietro suo padre, converrebbe credere che allora Aurelio contasse circa 20 anni di età. Il co Mazzucchelli cita una lettera a lui scritta da Poggio che morì nel 1459, in cui lo esalta come oratore e scrittore perfetto, e ne parla come di uom già maturo. Ma a dir vero la lettera di Poggio è indirizzata Lippo suo, senz'altro nome; e perciò non è ancor ben provato ch’ella si debba credere scritta al nostro Aurelio. Fino da’primi anni fu soggetto a gravi e continue traversie, com'egli stesso racconta nella prefazione a’ suoi libri De Ratione scribendi, ove così dice di sè medesimo: Nam quum ab ineunte aetate sim in maximis semper angustiis ac laboribus corporis animique versatus, cum ob naufragium rei familiar'is nostrae, timi oh /tane, quae tatuiti corpus