Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 3, Classici italiani, 1824, IX.djvu/258

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»473 LIBRO e che dicevasi andato coll'imperadore in Francia: Audio illum in Gallias projèctum cuni lm pemtorc Gmeco. Ma da un altra a’ 25 di giugno dello stesso anno raccogliesi (ib. ep. 9) ch’ egli erasi da lui distaccato ed erasi portato a Bologna: Aurispa noster, ut a certis auctoribus didici, dimisso Imperatore Graeculo, se se Bononiam contulit. I Bolognesi non furon lenti a conoscere che l Aurispa avrebbe alla università loro accresciuto non poco onore; perciocchè questi in una sua lettera scritta ad Ambrogio a’ 27 d’agosto dello stesso anno (l. 24, ep. 53) gli dice: Credo equidem me huc conductum esse, si voluero, ad legendas literas Graecas. Ma frattanto egli trovavasi assai male a denari, e perciò confidentemente chiese nella stessa lettera ad Ambrogio cinquanta fiorini, pei’ quali ei gli avrebbe mandati alcuni libri greci. Ambrogio soddisfece prontamente alla richiesta dell Aurispa, e con sua lettera del primo di settembre gli inviò poliza di cambio, con cui riscuotergli in Venezia (l. 5, ep. 34); e insieme si fece a istantemente pregarlo che invece di fissarsi in Bologna passasse a Firenze, ove sperava che fra non molto sarebbe stato scelto a pubblico professore con determinato stipendio, e ov egli gli prometteva che avrebbe trovati giovani di egregio ingegno, i quali avendo già appresi gli elementi della lingua greca, bramavano sempre più di coltivarne lo studio. Scrisse al medesimo tempo Ambrogio a Niccolò Niccoli, perchè si adoperasse in questo affare medesimo, esponendogli il gran vantaggio che Firenze ne avrebbe avuto,