Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 3, Classici italiani, 1824, IX.djvu/30

Da Wikisource.

1^44 LIBRO ora <li proporre a modello le Rime dell’ Aqui- I lano; e la dimenticanza in cui esse giacciono j da gran tempo, è pruova del comune consenso nel non farne gran conto. Ed è probabile che I il grande applauso da lui ottenuto fosse in gran 1 parte frutto dell’ arte da esso usata di accom- I pagnare i suoi versi col suon del liuto; il che I egli dovea fare singolarmente quando improv- I visava, come il co. Mazzucchelli dimostra che 1 egli era solito di fare talvolta. Infatti Paolo Cor- I tese alla perizia nel suono che avea l’Aquilano, I attribuisce il piacere che provavasi nell1 udirlo. ■ Quoti quidem genus, dic egli (De Cardinal, I /. '2. p. q.\), prirnus apud nosiros Frutici- I seus Peirarcha instituisse dicitur, qui edita I carmina caneret ad lembum. Nuper autem Se- 1 rapbinus Aquilanus princeps ejus generis reno- 1 vandi Juit, a quo ita est verborum et cantuum I ronjunctio modulila ncxa, ut nihil fieri /»ossei I modorum ratione dulcius. Itaque ex eo tanta j imi tantium auledonun multitudo manavit, ut I quicquid in hoc genere Italia tota cani videa- 1 tur, ex ejus appareat carminum et modorum 1 praescriptione natimi. XI. Competitore e rivale dell’ Aquilano fu Àn- I tonio Tibaldeo ferrarese, che perciò non dob- 1 biamo da lui disgiungere, benchè continuasse 1 a vivere fino al 1537, nel qual anno morì in 1 Roma. Se ne suole comunemente fissar la na- I scila al 1456 forse per conformarsi all’auto- I ritù del Giovio, che il dice morto in età 1 di ottani’anni. Ma, come si osserva nel Gior- ] naie de’ Letterati d’Italia (t. 3, p.'òr]^), Luca j Gamico scriltor vicine a que’ tempi, nel lor-!