Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 3, Classici italiani, 1824, IX.djvu/372

Da Wikisource.

l58G LIBRO XLVn. Ei fu uno de’ più dotti nella lingua greca, che a questo secol vivessero, e gran pruova ne è ciò che narra Barnaba Celsano stato già discepolo d’Ognibene, nella prefazione premessa a quattro Omelie di S. Atanagio dal suo maestro tradotte; cioè che avendo egli recitata pubblicamente in Venezia innanzi al card Bessarione. un’orazione in greco, questi ne rimase preso per modo, che confessò aver lui superati nell'eloquenza i Greci tutti, sicchè i Latini non aveano più che invidiare a’ medesimi. Infatti esercitossi Ognibene nel recare di greco in latino molti degli antichi scrittori. E primieramente ei tradusse le Favole di Esopo; della qual versione, come di primizie de’ suoi studj, egli parla nella già mentovata lettera del 1441 a Francesco Barbaro (a). Quindi il Rimicio, o a dir meglio, come pruova monsignor Giorgi (Vita Nic. V, p. iyS), Rinuccio d’Arezzo, che tradusse egli pure le stesse Favole c dedicolle al Cardinal Antonio Cerdano, onorato della porpora nel 144® z falsamente si vanta di esserne stato il primo interprete; il indolem traderei, tuam, dico, fratrumque tuorum erudiendam. In quo mihi utinam fortuna affuisset, studi um certe non de era t. lai II eh. sig. ab. Morelli (Bibl. Farsetti MSS. t. 1, p. 97) e la maggior parte degli scrittori hanno creduta inedita la versione delle Favole di Esopo fatta da Ognibene. Ma se ne ha un’ edizione senza data di luogo fatta Panno i4<P da Batista da Farlengo, il quale comunemente stampava in Brescia; ed essa conservasi in Bergamo presso il più volte lodato sig. Giuseppe Beltramelli. In essa però il traduttore volle render greco il suo nome, dicendosi Panagaihum Viceniimtm. 1