Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VI, parte 3, Classici italiani, 1824, IX.djvu/441

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TERZO l655 tore di qualche nome in quella lingua, che non si vedesse allora recato in latino; e di molti ancora si fecero da diversi interpreti traduzioni diverse. A ciò si aggiunse il cercare da ogni parte quante più poteansi aver copie degli antichi scrittori greci e latini, il confrontarle tra loro, il correggerne gli errori e il darne poi le edizioni, quanto più era possibile, esatte e corrette. Ma ciò ancor non bastava. La mitologia, la storia, le antichità ed ogni altro somigliante genere d’erudizione erano allora cose note a pochissimi. Conveniva dunque scorgere fra tante tenebre i poco esperti lettori, e spiegar loro que passi che negli autori di amendue le lingue richiedevan lume e dottrina a ben intenderli. E di qua appunto vennero que’ tanti comenti che si videro in questo secolo uscire in luce sopra i classici autori, de’ quali appena vi fu chi non ritrovasse qualche dotto commentatore, e alcuni ancora n’ ebber parecchi. L’invenzion della stampa, dopo la metà del secolo introdotta in Italia, agevolò sommamente il moltiplicar la copia de’ libri non meno che de’ lettori. Per mezzo di essa divenne più agevole l’avere gli autori antichi, su cui studiare; e per mezzo di tanti valorosi gramatici l’intelligenza di essi si rendette più facile, e perciò più comune. Io so che le traduzioni fatte in quel secolo ci sembrano ora rozze, infedeli e mancanti; che i comenti de’classici autori allora scritti son pieni d’inezie e di minutezze ridicole sì graziosamente derise in in suo dialogo da Gioviano Pontano (Charon), che ora non vi ha alcuno