Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 1, Classici italiani, 1824, X.djvu/128

Da Wikisource.

XXXIII. De’ duchi d* L'rbioo. « 1 4 LIBRO in Mantova a a di febbraio dell’anno i5;6 (Ln p. 129). XXXITI. I tre duchi d’Urbino che in questo secolo ebbero il dominio di quello Stato, Un» chè esso non fu devoluto al pontefice, nel favorire le lettere seguiron le gloriose orme de' loro predecessori. Francesco Maria della Rovere per opera di Guidubaldo di Montefeltro suo zio fu istruito nella letteratura da Lodovico Odassio da noi mentovato nel tomo precedente, e da Antonio de Cristini da Sassoferrato, uomini amendue assai dotti (Reposati, Zecca di Gubbio, t. 2 f p. 5). Ma costretto fino da’ primi anni a cambiar i libri coll armi, e avvolto quasi sempre in difficilissime guerre, nelle quali ottenne il nome di uno de’ più valorosi capitani del secol suo, non potè coltivar gli studi per modo che potesse dirsi principe erudito. Se ei però non potè esercitarsi nelle bell’arti, seppe almeno promuoverle e sostentarle; nel che gli dovette essere e di esempio e di stimolo Leonora Gonzaga sua moglie da noi nominata poc’anzi. Qual fosse il fiorente stato di quella corte negli ultimi anni del duca Guidubaldo, e ne’ primi di Francesco Maria, descrivesi da molti scrittori di que’ tempi, e tra gli altri dal Sadoleto, il quale non teme di affermare che non v’ era luogo per avventura in cui fosser raccolti tanti e sì dotti uomini: Non uspiam alibi terrarum neque nostra, opinor, neque antiquorum memoria tot et tales principes ingenii et literarum facile uno in loco quispiam possit nominare y quot mute L rbini praeclarum coetum constituunt; quippe