Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 1, Classici italiani, 1824, X.djvu/185

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rniMO i • mostra f offerta da essi fatta a Cristoforo Longolio di oltre a 300 zecchini annui, e della loro cittadinanza, quando ei venisse a tenere scuola in Firenze di belle lettere (Longol. Epist. l. 2, p. 289, 291, ed. lugdun. 1542). Ei non vi venne, ma più altri dottissimi professori vi furono in questo secolo, fra’ quali il solo Pier Vettori basta a rendere quella università immortale. Quella di Siena, che per le lunghe guerre da questa città sostenute era ormai vicina a disciogliersi, fu sostenuta e avvivata da Cosimo I (Bianchini, l. c. p. 10), da Francesco I che nel 1583 accrebbe il numero e gli stipendii de professori (ivi p.>36)j e più ancora da Ferdinando I, il quale, fatta riformare quella università nel 1590, volle che fino a 35 fosser le cattedre nelle quali le scienze tutte e le arti s’insegnassero, e le accordò privilegi ed onori per cui essa potè in qualche modo gareggiare colle altre università più famose (ivi, p. 58). Aggiugniam per ultimo un bell' elogio che delle pubbliche scuole di Lucca fa Ortensio Landi, che di colà passò nell'an 1534, e che dopo aver dette gran lodi di quella città e di (quella Repubblica, così dice di esse: Nusquam vidi tantam adhiberi curam, quo boarum artium studia floreant. Undique, si sit opus accersuntur amplo stipendio. qui juventutem et bonis moribus imbuant, et optimis artibus instituant. Accessi enim saepius ad vestros Pi'ofessores, ncque certe potui, ut nihil dissimulem, non ex animo invidere vestrae juventuti, quae tam studiose discit, et tam egregie in slitui tur: fovtunatos illos, bona si sua norint. \