Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 1, Classici italiani, 1824, X.djvu/486

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473 Liuno nelle quali perù ei non è ugualmente felice che nella prosa; e il racconto del metuorabil sao cheggiamento di Genova accaduto nel 1522, operetta finora inedita e tratta da un codice della biblioteca del re di Francia, e scritta con tale eleganza e con tale facondia, che’io non so se in tutti i moderni scrittori vi abbia cosa che più di questa si accosti al grave e maestoso stile di Tito Livio. Questa lode medesima deesi alle Lettere latine del cardinale, le quali vedute, prima che fosser date alla stampa, dal Bembo, così ne scrisse al Fregoso: Le epistole del Reverendiss. Don Gregorio mi sono piaciute grandemente, ed hanno superata la opinione, ch' io aveva ben grande e bene onorevole della sua eleganza. Nè sarà uom, che giudichi non leggendo il loro titolo, ch elle siano di Monaco, e per dir più chiaro, di Frate. Nella quale cosa egli merita intanto maggior laude, che delet maculam jam per tot saecula inustam illi hominum generi, di non sapere scrivere elegantemente. Queste sono non solamente Latine, e piene della condizione e candor di quelli buoni secoli, che poco tuttavia durò, e sono oltre a ciò gravi e sante, il che anco le fa più belle e più care (Op. t. 3, p. 41 Finalmente una grand’opera, non sappiamo di qual argomento, in 36 libri divisa avea intrapresa il Cortese, di cui egli parla in una sua lettera (Op. t. 2,p. 58); ma non par ch’egli l'andasse continuando; di che, e di altre opere da lui scritte, ma infelicemente smarrite, veggasi la più volte citata Vita.