Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 1, Classici italiani, 1824, X.djvu/49

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► primo 35 I afft.,ma che niun pontefice mai avea avuto al fianco sì gran numero (d uomini nella divina e nella umana letteratura dottissimi; che niuno aveva mai mostrato verso di essi liberalità e | beneficenza maggiore; che nè Tolommeo, nè Augusto, nè verun altro sovrano di qualunque età o di qualunque nazione poteano in ciò venire a confronto con Paolo, il quale ovim(|tia scorgesse alcun dotato di raro ingegno, a sè tosto chiamavalo, e con larghi doni e con amplissime ricompense a sè lo stringeva. Non dunque a stupire che nel concilio di Trento | da lui radunato si vedesser raccolti tanti dottissimi uomini che destarono maraviglia del loro sapere nel mondo tutto, e recarono con esso sì gran vantaggio alla Chiesa, che non v'ebhe h mai forse concilio alcuno che le accrescesse I gloria maggiore. Nè pago di fomentar gli studi, I non lasciava Paolo nel tempo stesso del suo I pontificato di coltivarli. Quindi essendo a lui I venuto Celio Caleagnini, questi/poiché fu tornato a Ferrara, in una lettera latina a lui scritta, fra molte altre lodi rammenta ancor questa; Che — anzi, dic egli, per animim i, io credo, col H vostro esempio a inoltrarci con più ardore negli studj, voi ragionate sovente delle stesse scienze più astruse della filosofia e della filologia con tal forza, con tal dottrina, con erulai l^Z ione sì vasta, che chiunque vi ode disputare e in greco e in latino, non può a meno di non stupirsi, come mai un sommo pontefice, da cui dipende la pubblica felicità, e che è opS presso da una sì gran mole di affari, possa avere e memoria e tempo per ricordarsi di tali