Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 1, Classici italiani, 1824, X.djvu/559

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SECONDO 5/|5 Ginevra; clic innanzi alla morie ritrailo pubblicamente i suoi errori; e che per questa ritrattazione ei fu dagli eretici stessi ucciso (ad an. 1543,n. 46, ec.). Ma per una parte son sì incerte le pruove ch’egli ne reca, e sì autorevoli per l altra le testimonianze in contrario, che chi non è del tutto sfornito di critica e di buon senso, non può rimaner punto dubbioso. E la sola autorità del Graziani, ancorchè altra non ve ne fosse, basterebbe a render certissimo che l’Ochino morì ostinato nella sua eresia. E al Graziani aggiugnesi il Commendone medesimo che in una sua lettera al cardinale Borromeo de 18 di febbraio del 15(55, pubblicala dal P. Lagomarsini (Pogian. Epist. t. 4, p. 131), dice che uscito dalla Polonia, morì nella Slesia; che così egli scrive, e non nella Moravia, le quali provincie però essendo tra lor confinanti, non è maraviglia che una si prenda per l’altra. L’argomento che potrebbe aver qualche forza a favore dell'opinione dell'Annalista, è il detto del Beza che, parlando dell’Ochino, dice: qui in fine se ostendit esse iniquum hypocritam Imagin. ill. Viror. in P. Martyre). Ma in ciò allude il Beza all’eresia degli An ti trini tari i, che dall’Ochino fu negli ultimi anni abbracciata; ed ecco com’egli altrove ne spiega l’ipocrisia: Scclemtus hypor ri fa Arianpruni clandestinns fitutor, polrganiiae defensor, omnium Christianae Religionis dogmatum irrisor, qui un eo tandem audaciae erupisset, ut sua portenta, in publicum ederet (justo sane Dei judicio ne latere diutius tantum malum Tiuabosciii, Voi. X. 35