Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 1, Classici italiani, 1824, X.djvu/562

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•VjS UBRO in questo tempo, che M. Maffeo Michele dimorerà a venir Podestà qui, di cui egli fia Vicario. Questi è M. Pietro Paolo Vergerio Justinopolitano, al quale vi prego a voler far buon viso. Il Casa nondimeno, nell’ Invettiva contro di lui poscia scritta, gli rinfaccia fra le altre cose, che nel trattare le cause altra eloquenza ei non usasse che (quella delle ingiurie e delle villanie (Op. t. 4, p. 230, ed. J en. i'-aS): nel che però anche questo scrittore si lasciò forse trasportare alquanto dal caldo con cui distese quella sua invettiva. Un altro assai più grave delitto gli rimprovera il Casa, cioè di aver uccisa con veleno Diana sua moglie, affin di poter poscia aver parte ne benefizii ecclesiastici, e di ciò egli chiama in testimonio la città tutta di Giustinopoli: quotus enim quisque in tua Civitate est, cui certum atque compertum non sit Diana uxorem tuam veneno a te esse sublatam quod obstare illam honoribus Sacerdotiisque, quae tibi tu, homo vanissime, altero fratre tuo fretus, pollicebare, atque animo vorabas ec. (ib. p. 228). Una sì franca asserzione, che dal Casa si ripete ivi più volte, appena sembra lasciarci luogo a dubbio. Nondimeno il Vergerio in una sua lettera all’Aretino {Lett alTArci. t. 1, p. 162), scritta nell’an 1533, si compiace di non aver seguito il consiglio che quegli più volte gli avea dato di menar moglie. Ma forse ei parla qui di seconde nozze. Nel 1530 il Vergerio era ancora in Venezia, come raccogliamo da una lettera che un certo Marco di Niccolò scrive a Pietro Aretino a’ 5 di maggio, avvertendolo che il