Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 2, Classici italiani, 1824, XI.djvu/512

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I I I 2 LIBRO Grandi cose si narrano della puerizia di Giulio, il qual dicesi che fin da’ primi anni sapesse la lingua latina, la greca e l’ebraica, e che non contandone ancor che tredici, pubblicasse un libro di Aritmetica, il qual però da niuno, ch'io sappia, è stato veduto. Mandato a Padova, vi ebbe a suo maestro nella filosofia Jacopo Zabarella, e nella giurisprudenza il Mantova, il Deciano, il Gribaldi e il Panciroli. Compiuti gli studii, tornò a Vicenza, ove l’insaziabil desiderio di apprendere cose nuove avendol condotto alla lettura di ogni sorta di libri, parve che propendesse alle opinioni de’ novatori; e venuto perciò in sospetto, gli convenne fuggirsene. Ginevra fu il primo ricovero di Giulio, ed ivi per sostentare la vita dovette aprire una scuola ai’ fanciulli. Ma fattosi ivi meglio conoscere con qualche opera legale che vi pubblicò fin dal 1578, ottenne una cattedra di giurisprudenza. Ivi ancor prese a sua moglie una gentildonna lucchese colà rifugiata, e n ebbe ben dieci figli. Nel 1585 fu chiamato a Heidelberga a professarvi, secondo alcuni, la filosofia, secondo altri, la giurisprudenza; il che si rende assai più probabile, riflettendo che nel cominciar della scuola ei recitò l'orazione De juris civilis difficultate, ac docendi methodo, che fu poscia stampata. Presso a dieci anni trattennesi a Heidelberga. Di là alcuni il conducono in Ungheria, ingannati dalla voce Pannonia usata dal Pacio in una elegia riferita dal Papadopoli, in cui egli compendiosamente ha descritta la sua Vita. Ma le ragioni con cui il P. Niceron e il Chaufepiè hanno dimostrato