Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/116

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I a(ì8 LIBRO ed. yen. i55o, p 90). Andossene perciò a Padova, ove trovavasi nel 1505 (Amor. l. 1,p. 10, ed. Ven. i549)> e a questo tempo medesimo dee appartenere il soggiorno di tre anni ch’ei dice di aver fatto nel ritiro di Monte Oliveto sul Veronese, ove però si duole di non aver potuto vedere che tre volte il gran Fracastoro, il quale anche da Padova era partito appunto poco prima ch’ei vi giugnesse per istudiarvi la filosofia (nuncup. l. 1 Hierogl.). Compiuti gli studi, si restituì alla patria, ov era nel 1509, quando essa dall’esercito imperiale fu occupata. Descrive egli stesso i danni a cui allor fu soggetto, e come costretto fu a fuggirsene tra mille pericoli per venire a ricoverarsi in Roma (Amor. l. 3, p. 39). Par che dapprima egli sperasse molto dal ministro Cesareo, che grandi cose gli prometteva per parte dell’ imperador Massimiliano 3 perciocché egli dice che già pensava a partir da Roma, vedendosi nelle sue speranze deluso, se il cardinal Egidio da Viterbo non l’avesse ivi fermato (Nuncup. l. 17 Hierogl.). Fu poi per qualche tempo presso il vescovo di Torino Gianfrancesco della Rovere, che avendo il governo di Castel S. Angelo, seco ivi tenne il Valeriano, come questi scrive nel 1512 a f Urbano suo zio in una lettera che si legge al fine della Gramatica greca di questo religioso, stampata fanno stesso in Venezia. Fu indi conosciuto dal cardinal Giovanni de’ Medici, che fu poi Leon X, in cui trovò uno splendido protettore perciocchè egli fatto pontefice, lo ammise alla sua corte, e gli diè di che vivere onorevolmente. Ei parla