Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/131

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TERZO * 283 studiando e conversando eruditamente co’dotti che venivanlo a ritrovare, finchè a 16 di dicembre del 1567 un nuovo colpo il tolse di vita: tutte le quali circostanze si leggono in altre lettere dello stesso Latini, citate dal P. Lagom arsi ni, il quale da un codice della \ aticana ha ancor pubblicata una lettera scritta in tal occasione da Cristoforo Rossi al Cardinal Sirleto, in cui piangendo la morte del p. Ottavio, ne loda altamente non solo la vastissima erudizione, ma anche le rare virtù delle quali era adorno. E veramente fu il Pantagato uno de’ più infaticabili ricercatori dell antica erudizione. Marcantonio Flaminio invitandolo in un suo leggiadro endecasillabo a venire a Viterbo, così scherza sulla gran copia de libri, fra' quali sempre egli stava sepolto: Cnr ergo. Pater, huc venire cessas? Num) te dia innumerab lis librormn Tenet copia curiosum? habebis Et hic Graeca volumina et Latina, Quae lassare valent decem otiosos Plmios j licet usque, et usque, et usque Noctes atque dies legas, ut hercle Facis, ne dubita, tamen novorum Haud te deficiet librorum acervus. L. 5, Carm. 3i. Della stima in cui fu egli perciò avuto da tutti gli uomini dotti, fanno testimonianza due lettere italiane a lui scritte da Paolo Manuzio (P. Manuz. Lett. p. 26, 27), e due altre latine (ep. l. 2, 5), in una delle quali a Ottaviano Maggi lo dice uomo cujus est humanitas doctrinae par, doctrina vero, quae potest esse