Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/271

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TEH7-0 l4*3 difetti che »11 Paolo di lui fralello non senza ragion si riprendono. Essa però giacquesi inedita fino al 16:19, nel qual anno fu pubblicata in Venezia. Delle altre opere mentovate da Paolo io non so che alcun altra abbia veduta la luce, trattone un poemetto intitolato De Venetis Gallicum Trophaeum, stampato senza indicio d’ anno e di luogo. Da due lettere dello stampator Giovanni Oporino, scritte da Basilea a Francesco Ciceri nel 1547 e nel 1548$ (post Epist Marqu. Gudii, p. 165), si raccoglie che questi aveagli inviato non so qual breve poema di Benedetto, perchè il desse alle stampe, e che questi era pronto a farlo, e solo spiaceagli che fosse troppo breve, e aspettava perciò che gli venisse mandato ancor quello intitolato Fontes, per unirli insieme amendue. Ma la stampa ideata non ebbe effetto *, e di questo secondo poemetto accenna sol fArgelati un codice ms. (Bibl. Script, mediol. t. 2, pars 2. p. 1402). Le lettere ancora di Benedetto non son mai state pubblicate; e ciò che per incidenza ne dice il suddetto Argelati in più luoghi, ci mostra ch’ esse pruovano quanto egli fosse versato in tutte le scienze. Sembra ch ei fosse dotto nelle lingue orientali, perchè tra esse è una lettera a lui scritta da Jacopo Filippo Carpani giureconsulto milanese, in cui l interroga sulla significazione di certe voci arabiche, e vi si aggiugne la risposta del Giovio (ib. pars 2, p. 1859). Alcune altre lettere dal Giovio scritte allWIciati ci provano l erudizione ch egli avea nello studio delle antichità, e in quello della giuri sprudenza