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TERZO I5 I I
non so come alle mani del celebre Claudio du
Puy, fu poscia da Pietro e da Jacopo di lui
figliuoli donato al suddetto P. Labbe, acciocchè
l inserisse nella sua opera intitolata Specimen
Antiquarum Lectionum, come egli fece. Nel 1555
essendo il Tetti in Roma, ove comunemente
vivea, e stampandosi ivi la traduzione della
Biblioteca di Apollodoro, tradotta da Benedetto Egio da Spoleti, egli vi aggiunse una
erudita dissertazione De Apollodoris. Lo stesso
P. Labbe attribuisce al Tetti un’opera intitolata
Bibliotheca Scolastica instructissima Ialine,
Gal li ce, 1 (alice, Il ispanico, A agli ce et Graece,
cui dice stampata in Londra nel 1618 (Bibl.
Bibliothec. p. 151), di cui io non ho altra notizia. Egli era tuttora in Roma nel i5(>o, nel
qual anno scrivendo il Poggiano, così ne dice:
De Tectio, minime tecto, quid quaeris? Valet, et illam suam securitatem ac libertatem reti net (Pogian. Epist. t. 2, p. 187). Queste
parole c’ indicano nel Tetti una libertà di parlare che poteva essergli pericolosa, ma finallora passavagli impunemente. Ma non fu sempre così. Il de Thou, nella Vita che ha scritta
di se medesimo, narra (ad anno. 1574) di aver
udito da Marcantonio Mureto, che il Tetti,
uom per altro dottissimo, accusato di empietà
nel parlare di Dio, era stato dannato al remo,
e che non sapeasi se fosse ancor vivo. Nulla
più sappiamo di questo infelice erudito, il (quale
probabilmente sulla galea medesima finì la vita.
LXXXV. Tra gli scrittori di Storia letteraria
può annoverarsi ancor un altro umor fantastico
e capriccioso, cioè il Doni, a cagione delle due