Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/368

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i520 libro Così egli nel 1564 pubblicò le Pitture, ossia il Petrarca; c Fanno seguente ristampando la sua Zucca, formò coll opera stessa il quinto libro, ossia il Seme della Zucca. Così ancora e la Libreria, e la Zucca, e i Mondi furon più e più volte da lui ristampati, or aggiungendo, or togliendo, or trasfondendo in un’opera ciò che prima era in un’altra; anzi il Doni ebbe talvolta coraggio di far sue le opere altrui, per-, ciocché egli pubblicò sotto suo nome una traduzione italiana delle Lettere di Seneca, la quale, trattine alcuni leggieri cambiamenti, è la stessa che quella che fin dal 1494 avea pubblicata in Venezia Sebastiano Manilio, come afferma Apostolo Zeno di aver conosciuto con esatto confronto (l. c. p. 224). E forse più altre di cotali magagne troveremmo nell’opere di questo bizzarro cervello, se potessimo farne un più diligente esame, il qual non è proprio di questa Storia. LXXXVn. Due fieri ed arrabbiati ni mici ebbe il Doni, de’ quali prima era stato amicissimo, Lodovico Domenichi e Pietro Aretino. Il primo può appartenere a questo capo pe’ molti storici da lui tradotti in lingua italiana. Il secondo ha più diritto ad aver luogo nella storia degl’ impostori, che in quella de’ dotti; ma nondimeno in un’ opera che dee comprender le vicende della letteratura, ei non può esser dimenticato. E qui perciò direm di amendue. Il Domenichi, secondo il Ghilini (Teatro de Letter. t. 2, p. 285, ec.), fu figliuolo di Giampietro Domenichi notaio e procuratore assai riputato in Piacenza; e perciò per volere del