Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/380

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l53u LIBRO appena io poteva contenere in me stesso lo sdegno al vedere sì strana impudenza. Ma ciò che più mi sorprende, si è il vedere che una gran parte de principi d Europa, e una non piccola schiera di dotti Italiani non si arrossì di umiliarsi innanzi a costui, e di rendergli obbrobrioso tributo o di doni, o di lodi. Collane d’ oro, somme notabili di denaro, pensioni annue, presenti notabili di varie sorti, continuamente gli venivano da varie parti, sicchè egli confessa che nel corso di diciott’ anni avea da diversi principi avuti fino a 25 mila scudi (Lett. t. 3, p. 70). Il più leggiadro si è che cotali sì ricchi doni faceansi all’Aretino, perchè egli superbamente intitolandosi Flagello de Principi, pareva che volesse lor minacciare il suo sdegno, e il biasimo delle loro azioni ne suoi libri; e nondimeno non vi ebbe mai il più sordido adulatore de’grandi; nè trovasi in tutte le opere di esso una sola parola contro qualche sovrano. Le lodi poi a lui date dagli uomini dotti, l onore a lui fatto da alcune accademie coll’ ascriverlo tra’ loro socii, le opere a lui dedicate da molti, di tutte le quali cose ampiamente ragiona il conte Mazzucchelli, ci mostrano fin dove possa giugnere una fanatica adulazione; nata in alcuni dal desiderio d’ essere somigliantemente da lui lodati, in altri da un vil timore di essere da lui punti co suoi satirici libri. Vero è nondimeno che le pensioni, i donativi e le lodi furono in parte amareggiate dalle ferite e dalle bastonate in buon numero, delle quali fu più volte onorato da chi volle far conoscere all Aretino che