Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/381

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TEMO l 533 punto non temea la sua maldicenza. Quindi Traiano Bocca lini il chiamò calamita de' pugnali e de bastoni, dicendo che con questi gli ingegni così pronti di mano, com egli di lingua, di modo gli aveano segnata la faccia, il petto, e le mani, che sembrava una lineata carta da navigare (Ragguagli, cent. 11, n. 98). Altri invece de’pugnali usaron la penna, e ne fecero ne’loro libri tali pitture, ch’egli ebbe ad impazzirne per rabbia. Niccolò Franco, degno per altro più dell" amicizia che dell’ odio dell’Aretino per la somiglianza de’ lor costumi, Girolamo Cassio, il Berni, Gabriello Faerno, Girolamo Muzio, il famoso poeta Albicate nulla meno superbo dell’Aretino, chi in prosa, chi in versi, chi satiricamente, chi seriamente scrissero contro di lui. Ma più fieramente di tutti contro di lui si rivolse il Doni. L’ origine della nimicizia fra questi due pazzi fu il consiglio che a dispetto dell’Aretino prese il Doni di stabilirsi nell 1555 alla corte del duca d’ Urbino. L'Aretino gli scrisse perciò una insolentissima lettera, e il Doni, che non era uomo a cedere in nulla al suo avversario, pubblicò nel 1556 un libro col titolo: Terremoto del Doni Fiorentino colla rovina di un gran colosso bestiale Anticristo della nostra età, opera scritta ad onor di Dio e della Santa Chiesa per difesa non meno de' buoni Chris ti ani, divisa in sette libri: Libro primo. La prefazione è diretta al vituperoso, scellerato et d'ogni tristizia fonte et origine Pietro Aretino membro puzzolente della pubblica falsità, et vero Anticristo del secol nostro. Questo saggio ci fa