Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/45

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TERZO i19? verità e le circostanze de più memorabili avvenimenti. E questo ancora fu uno degli oggetti a cui gli ingegni italiani di questo secolo si volsero con grande ardore, e di cui conviene perciò dar qui qualche idea. Innanzi a tutti voglionsi nominare due de’ più gran genii ch avesse in questo secol l’Italia, pe’ quali non v ebbe parte alcuna di antichità, in cui essi non avesser coraggio di aprirsi prima d’ ogni altro la strada, e-fra mille scogli ed inciampi inoltrarsi felicemente allo scoprimento del vero; uomini veramente illustri, che vissuti al tempo medesimo ed esercitatisi ne’ medesimi studi, non solo si tenner lontani dalla pedantesca rivalità tanto frequente ne’ semidotti. ma amichevolmente si aiutarono l’uno l’altro nelle loro scoperte; uomini in somma, dell’uno e dell’altro de quali si può dir con ragione, come osserva il marchese. Maffei (Ver. illustr. par. 2, p. 348), che primus desiit nugari. Parlo di Onofrio Panvinio e di Carlo Sigonio. Del primo ragionano gli scrittori agostiniani, e tra essi più esattamente di tutti il P. Gandolfi (De CC. Script, augustin, p. 2^4 h c oltre essi a lungo ne parla il marchese. Maffei (l. cit.) c l1 Arisi che lo annovera tra Cremonesi (Crem. litter. t.2), perchè la famiglia di Onofrio traeva, secondo lui, l’origine da Cremona. Anche il P. Niceron ne ha fatto l’elogio (Mém, des Homm. ill. t. 16, p. 329, ec.). Ei nacque in Verona nel 1529 di famiglia secondo alcuni scrittori, antica e nobile, nè io ho documenti a negarlo, ma ei doveva certamente essere assai povero, come sarà manifesto da ciò