Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/456

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1608 Linno practcrmisìt; e reca un1 iscrizione da lui copiata in Milano. A lui dedicò il nipote il li. bro trentesimoterzo de’suoi Geroglifici, e nella dedica fa di nuovo menzione de’ lunghi viaggi del zio, e dell’osservare che sempre avea fatto con diligenza tutte le antichità; e ricorda un erudito colloquio da lui tenuto su queste materie con Daniello Rainieri, con Niccolò Leoniceno, con Leonico Tomeo, e con lui egli confessa ancora di avere ereditato da questo suo zio l’amore e lo studio delle antiche medaglie, del quale parlando, Idem propemodum studi ut dice (in Nuncup. l. 46 Hierog.), ab Urbano patruo meo erat mihi quodammodo haereditarium, qui cum magnam orbis partem pererrasset, multorumque nosset ho mimmi mores, de peregrinationibus suis /.Egyptiis, Arabicis, Palaestinis semper habebat novi aliquid, quod scitu dignum et utile communicaret mecum. Molte altre memorie ci ha lasciate Giampierio delle religiose virtù di cui era adorno F. Urbano, dicendo (De Literat. infel. l. c) ch’ei non volle serbar mai un soldo a suo uso; che nè chiedeva mai alcuna mercede da’ suoi discepoli, nè mai l’accettava, offertagli spontaneamente, se non in rarissime occasioni; che fu sempre amantissimo della regolare osservanza, e sofferente di que’ non lievi disagi ch’essa seco portava; che ricusò sempre le dignità e gli onori che pur avrebbe potuto avere, singolarmente da Leon X, e che a grande stento accettò una volta di esser guardiano del suo convento, e presto ancora depose volontariamente quel carico a lui troppo grave; che sostenne