Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/656

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1808 LIBRO ho recato io volentieri, perchè pruova sempre più chiaramente che niuna parentela ebbe il Tasso colla famiglia Cornaro, se non in quanto l’amicizia col Ricci, ch’era ivi maestro, gliene apriva l’accesso. Un sonetto da lui composto, e che si credette da alcuni fatto per lodare il Broccardo, nimico del Bembo, lo porse a rischio d'incorrer nello sdegno di questo secondo; ma ei seppe togliere ogni sospetto, e gli ritornò in grazia. Frattanto le Rime di Bernardo, stampate in Venezia nel 1531, il fecer conoscere a Ferrante Sanseverino principe di Salerno, il quale sollecito di avere alla sua corte i più leggiadri ingegni, ad essa invitollo. E il Tasso, accettato l’invito, tanto si avanzò nella grazia del suo padrone, che tra pensioni e stipendii ei giunse ad avere 900 ducati annui di entrata. Seguì il principe in varie spedizioni, e in quella delfAfrica fra le altre, e in quelle di Fiandra e d’Allemagna. Nel tempo però, ch’ei visse nel regno di Napoli, il principe bramando ch’ ei potesse tranquillamente attendere a’ suoi studi, gli permise di ritirarsi a Sorrento, e di vivere ivi a se solo e alle Muse. Ma presto si cambiò scena. Nel 1547 il principe fu uno de’ deputati dalla città di Napoli a recarsi all imperial corte per ottenere che in essa non si stabilisse l'Inquisizione; e il Tasso non lasciò di esortarlo ad accettar tale incarico, da cui sconsigliavalo apertamente Vincenzo Martelli, ch era al servigio del medesimo principe. Questa ambasciata fu al Sanseverino funesta; perciocchè ei conobbe d’aver con essa incorso lo sdegno di Cesare, e temendo di peggio,