Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/713

Da Wikisource.

TERZO 1865 dare assai maggiore risalto a que’ racconti nei’ quali ei volea segnalarsi, ciò proverà solamente che l’Ariosto non è sempre uguale a se stesso; ma non proverà ch’ei non sia, quanto gli piace di esserlo, superiore ad ogni altro. Rimane a dire dell’ eleganza dello stile. E in questa parte non può negarsi, s’io mal non avviso, che il Tasso non sia superiore all’Ariosto, perciocchè ogni parola e ogni espressione è nel primo studiata e scelta, e ogni cosa da lui si dice il più nobilmente ch’ei possa. Il secondo, più che alle parole, intento alle cose, non pone troppo studio nella sceltezza dell’ espressione, ed anche usa talvolta voci basse e plebee. Ei sa però sollevarsi, quando gli piace, sa usare a tempo i più acconci vocaboli, sa introdurre ne’ suoi versi e fiori e vezzi, quanti egli vuole; e ci mostra con ciò che se avesse voluto limare con maggior attenzione il suo Orlando, anche nell eleganza non cederebbe a qualunque altro poema. Ma questa sembra esser la sorte de’ più rari e de’ più fervidi ingegni, cioè che non sappiano soggettarsi alla noiosa fatica che seco porta il ripulire i lor parti. E forse di questo difetto medesimo dobbiamo saper loro buon grado; perciocchè, se maggiore studio avesser riposto nell’arte, men seguita avrebbon la natura, ch è finalmente il più bello fra tutti i pregi che proprii son di un poeta. Questo è il mio sentimento intorno all’Ariosto e al Tasso, e dalle cose dette fin qui ognun può vedere che se fra questi due poeti si può far paragone, io propendo a favore dell’ Ariosto. Io so che in questa mia Tiraboschi, Voi XII. 45 I