Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/76

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12 28 LIBRO breve; c quando il Sigonio e il Robortello trovaronsi in Padova nel 1562, la guerra si accese più furiosa che mai. Qui ancora il signor Liruti incolpa il Sigonio, e vuole che egli col deridere ne’ suoi discorsi il Robortello, e col far pubblicare contro di lui epigrammi satirici lo provocasse, mosso da invidia, al vedere il gran numero di scolari che quegli avea, dov egli al contrario rimanevasi quasi abbandonato e solo. Ma i discorsi famigliari del Sigonio contro del Robortello non hanno altro fondamento che l’ autorità del Robortello medesimo. Del numero di scolari che aveano amendue, abbiamo veduto quanto diversamente scrivesse il Falloppio; e se il sig. Liruti non vuole che noi crediamo al Falloppio, poichè concittadino e amicissimo del Sigonio, ei ci permetterà che molto meno crediamo al Robortello ch è il solo che ciò affermi. Riguardo poi agli epigrammi, converrebbe provare ch’essi fossero stati composti e divolgati prima della sfida che il Robortello diede al Sigonio; il che nè è stato, nè sarà mai dal sig. Liruti provato abbastanza. Lasciando dunque in disparte ciò ch è incerto, certo è solo che il Robortello a’ 13 di febbraio e ai 6 di marzo del 1562 pubblicò un cartello di sfida contro il Sigonio, affiggendo alle pubbliche scuole due cedole, in una delle quali vantavasi di voler proporre un metodo del tutto nuovo per insegnare la lingua latina; nell'altra di voler trattare dell’ arte di scrivere dialoghi longe secus ac inepti et indocti quidam, quos refe Ile re non erit alienum a me, ut discant pasthac cautius scribere; parole, colle quali non