Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/799

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TERZO iy5i LXXII. Ciò che abbiam detto finora di tutti i diversi generi di poesia italiana, il gran numero degli scrittori che in ciascheduno di essi abbiamo indicato, e quello forse maggiore che, per non ripetere il detto già mille volte, ne abbiam taciuto, ci può far conoscere che questo fu per avventura lo studio ch ebbe più seguaci e coltivatori in Italia. Egli è vero che al numero non fu uguale il valore, e che fra'cento poeti, dieci appena se ne potranno mostrare, a cui convenga il titolo di eccellenti. Ma qual tempo fu mai, o qual nazione vi ebbe, in cui il numero de’ mediocri non superasse di gran lunga quel degli ottimi? E ciò dovea singolarmente avvenire nella poesia italiana, in cui appunto perchè è più facile il verseggiare, è più difficile l essere buon poeta. Tal nondimeno fu a que’ tempi e la copia e il valore degli eleganti poeti, che l Italia può a ragione gloriarsene, e sfidare tutte le altre nazioni a mostrargliene ugual dovizia. Tre cose però ancor ci rimangono ad osservare, le quali proveranno sempre più chiaramente quanto fosse l’impegno degl’ Italiani di questo secolo nel condurre • al più alto grado di perfezione la lor poesia; cioè, 1°.le innumerevoli traduzioni de’ poeti greci e latini, che vennero in luce, acciocchè fatti più comuni per esse que’ primi modelli della perfetta poesia, si rendesse maggiore il numero de’ loro imitatori; 2.0 le molte erudite contese che or su una, or su altra quistione a poesia appartenenti si agitaron tra’ dotti; 3.° i tentativi e gli sforzi di molti per trovar versi di nuovo