Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 3, Classici italiani, 1824, XII.djvu/806

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1958 LIBRO Catullo, di Properzio appena si vide allora versione alcuna. Di Terenzio e di Plauto ancora non vennero in luce tai traduzioni che si possano rammentare con lode; ma molte particolari commedie ne furon tradotte da diversi poeti. Anche di Giovenale e di Persio e di Marziale non abbiam traduzioni che sien degne di molte lodi. Qualche traduttore ebbe il Ratto di Proserpina di Claudiano, cioè Marcantonio Cinuzzi sanese, Giovandomenico Bevilacqua, Livio Sanuto e Annibale Nozzolini. Una traduzione di Lucrezio in versi sciolti a vea intrapresa Gian Francesco Muscettola, lodata in una sua lettera dal Minturno (Mintur. Lett. l. 5, lett 7), che sol ne riprende il troppo saper di latino. Ma ella non venne a luce. Fra tutte queste versioni, poche son quelle che perfettamente ci rappresentino l originale; perciocchè fu sempre impresa pericolosa troppo e difficile il trasferire un poeta da una lingua ad un’altra. Quindi altre sono tacciate come troppo servili, altre come troppo libere, in alcune si desidera maggior eleganza. in altre minor freddezza. Alcune nondimeno sono ottime; e tutte ci mostrano quanto ardente fosse in Italia la brama e l’impegno nel coltivare la poesia. LXXIV. Pruova ugualmente chiara ne son le contese che sui diversi punti appartenenti a poesia si eccitarono tra gli eruditi italiani. Molte già ne abbiamo accennate, cioè quelle che si accesero per la famosa Canzone del Caro, per la Gerusalemme del Tasso, per le dispute di precedenza tra lui e fAriosto, per la Camice