Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VII, parte 4, Classici italiani, 1824, XIII.djvu/114

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20^6 LIBRO suarum libellos, non insulsum fortasse munusculum , ad ipsum Pontificem maximum detulit. De cujus quidem adolescentis nunc primum decimum sextum aetatis annum supergressi ingenio ac eruditione dicerem aliqua y nisi essem pater; sed et praesens ipse, ut spero, id tuae amplitudini, ne paterno indigere testimonio videatur y indicabity et quae secum attulit ex multis y quae hactenus scripsit, uberrimum , ni fallor , testimonium ferrent Il giovinetto Flaminio introdotto al pontefice dal cardinale suddetto e dal Cardinal d’Aragona, fu da esso accolto con grande amorevolezza. Leone udì con piacere i versi del padre e del figlio , diede pruove al secondo della sua bontà e munificenza , fece chiedere al padre se gli sarebbe piaciuto che il suo Marcantonio si stesse in corte presso di lui, e frattanto raccomandollo caldamente a Rafaello Brandolini, oratore e poeta allora famoso, e che abitava nel Vaticano (ib. ep. 2), mentre Giambattista Pio , per istanza fattagliene da Giannantonio, avea il pensiero di continuare a istruirlo nelle lettere (ib. l. 5, ep. 19, 20). Un1 altra volta fu il giovane Flaminio presentato al pontefice, mentre questi era in una sua villa, ed egli ricevutolo cortesemente, nel congedarlo, Figlio, gli disse, in Roma ci ricorderemo di voi; e infatti appena tornatovi, il fece chiamare a sè, e gli fece provare altri effetti della sua munificenza (ib. ep. 4) > e rapito al vedere il raro ingegno di quel giovinetto, a lui si volse con questo verso di Virgilio: Macte nova virtute puer: sic itur ad astra. I. A. Flam. Dial. de E due et.