Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VIII, parte 1, Classici italiani, 1824, XIV.djvu/325

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SECONDO 3I3 10 avesse come sue proprie date alla luce, volendo egli che uscissero sotto il nome dell’accademia. Ma il Borelli era uom fermo nella sua opinione, impaziente della critica, facile a sdegnarsi, e a venire a contesa con chi ne fosse. E alcune ne ebbe principalmente col Viviani, delle quali diremo ove si dovrà ragionare dell’opere matematiche di amendue. Nè qui si contenne l’ingegno di questo profondo filosofo. Ei promosse ancora gli studi dell’anatomia e della medicina, e a lui non poco si dee di quel gran lume che su queste scienze diffusero Malpighi e il Bellini. Nell1 astronomia fu versatissimo, e vedremo fra non molto quanto essa gli sia tenuta. La stima di cui godeva in Pisa il Borelli, non potè ivi fermarlo oltre a undici anni. Nel marzo del 1667 chiese il suo congedo per tornare all1 università di Messina, e l1 ottenne. E benchè egli recasse a pretesto l’insalubrità di quel clima, fu chiaro abbastanza che il suo umore incostante ne era il vero motivo. E un fatto particolare che si racconta in certe sue Memorie inedite dal cav. Antonfrancesco Marmi citate dal senator Nelli, pare che a ciò gli desse l’ultima spinta: Il dottor Antonio Uliva di Reggio di Calabria, dice egli (Nelli, Saggio letter. p. 116, nota 1), si licenziò dalla Corte di Toscana; poichè trovandosi in Pisa col Borelli, dove la gran duchessa faceva in palazzo non so qual festino di ballo, non furono da quei Tedeschi cotti dal vino lasciati non solo entrare nella sala, ma precipitosamente respinti indietro; e il Borelli fu anche, rincorso col! alabarda alzata giù per le scale,