Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VIII, parte 1, Classici italiani, 1824, XIV.djvu/395

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SECONDO 383 5, affezionò, eh’essa fu poscia Punica sua occupazione e ’l più dolce sollievo negli acerbi dolori della podagra , da cui assai presto cominciò ad essere travagliato. Nel 1629, bramandosi un matematico dall* università di Bologna (non però per successore al Ma gin i, come dicono i due suddetti scrittori, perciocchè egli era morto fin dal 1617), il Cavalieri presentò al senato e a’ dotti di quella città il Trattato che già scritto avea, ma non ancora pubblicato, sul metodo poc’anzi accennato, e un altro sulle sezioni coniche, nè più vi volle, perchè la cattedra fosse tosto a lui conferita. Ei la tenne per molti anni, e benchè richiesto dal Cardinal Federigo Borromeo a volere esser nel numero de’ dottori del suo collegio Ambrosiano, non volle abbandonar Bologna, finchè facendosi sempre maggiori i suoi dolori, sulla fine del 16 ^7 il tolscr di vita. Se altre testimonianze non avessimo del sapere del Cavalieri, che l’espressioni di stima con cui di lui scrisse il Galileo , potrebbon bastare a fargli aver luogo tra’ più dotti matematici di questo secolo: Godo da otto giorni in qua, scrive egli da Arcetri a’ 26 di luglio del i(j36 a F. Fulgenzio Micanzio (Op). t. 2, p. 551), qui appresso di me la dottissima conversazione del M. R. P. Bonaventura Cavalieri matematico dello studio di Bologna: alter Archimedes. E a’ 16 di agosto, scrivendo allo stesso: Quanto al P. Matematico di Bologna, egli è veramente un ingegno mirabile. E altrove rammentando il libro sullo Specchio ustorio dal Cavalieri dato alla luce, lo loda altamente, e chiama l’autore uno de principali . \